PARTE SPECIALE
 

 

 

 

 

 

i l   p u n t o   s u l l a   s i t u a z i o n e   a t t u a l e

Il mercato nazionale delle bevande alcoliche ha subito negli ultimi anni una generale riduzione dei consumi pro-capite. Probabilmente ciò è dovuto alla tendenza del consumatore a richiedere bevande con bassa gradazione alcolica e dal gusto leggero; è indicativo che le statistiche comprovino l'aumento nella richiesta della birra e la diminuzione delle vendite nel settore enologico. E' stata pure dimostrata la differenziazione nei tipi di bevande consumati. Nel mercato italiano, caratterizzato dalla presenza di quasi tutti i tipi di prodotti alcolici, stupisce la totale assenza di produzione e commercializzazione del sidro di mele o in genere di fermentati di frutta che non sia uva.

 

 

l a    s i d r i c o l t u r a     r e g i o n a l e

Alcune realtà sidricole sono presenti sul territorio nazionale ma sono rivolte essenzialmente a una produzione aziendale ed artigianale legata ad antiche tradizioni: in Carnia ed in Alto Adige si producono ancora piccole quantità di sidro. Effettivamente agl'inizi del nostro secolo la produzione agricola, di carattere autarchico, era rivolta a creare un integratore alimentare che in alcuni casi si rivelava anche una fonte di guadagno. Per quanto riguarda la sidrificazione, la zona montana nord-orientale vanta delle tradizioni molto antiche che sono andate progressivamente scemando a causa dello spopolamento dovuto alle guerre e allo sviluppo dei commerci di prodotti enologici. Le zone sidricole carniche sono collocate nel Canal del Ferro, nelle Valli del Natisone e nelle valli adiacenti  come la Val di Resia, la Valle del Fella, la Val d'Aupa e la Val di Dogna. In questa area la frutticoltura era molto diffusa e diversa dalla attuale: la generale tendenza era quella di allevare le pomacee a chioma espansa senza intervenire con metodi di potatura o altri interventi agronomici ad eccezione di una modesta concimazione organica. L'arretratezza nelle metodologie colturali era piuttosto profonda tanto che il metodo di propagazione usato era gamico che causava notevoli variabilità genetiche nelle successive generazioni. L'età media in cui entrava in produzione il fruttifero era di 10-12 anni. Grazie alla loro notevole rusticità, queste piante non avevano problemi fitosanitari. Le pomacee, caratterizzate da una produzione medio-alta, erano regolarmente soggette ad alternanza. Nella zona montana e nella parte nord orientale si coltivavano le variertà di mele "Ruzins", "Bornoi", "Rosses", "da Viele", "Sus", "Titilins", "Tas", "Doles", "dal Vueli", "Zibineris", "Larcs", "Ross", "Paluzzane", "Bertolins", "Rosa", "Melon", "Zeuca","da Sbelet", "Tedescons" ,"Avostans", "Lops", "Blancs", "Vile dorade", "dal Fuc", "dal Dur", "Setembrins", "Giardons", "da Sepe", "da Canele", "Ranetis", "di San Jacum", "Aset", "Zeuchs",  "Canadà", "Salzburg", "Neranzons", "Neranzins", "da Civole", "Cavoz", e le varietà di pere "Martins", "di San Michel", "Scjafoacs", "Pirucias", "Clozen" o "Kloce", "San Pieri", "Jania o Janis", "Formentons", "Petrinka", "Marzean", "Alcioi", "Pompon", "San Jacum", "San Zuan", "San Lurinc", "dal Ors", "Piluncs", "Campanei", "Pascons", "Gnocs", "Virgins", "Boris", "Bonis", "Burocuts", "dal Ruzin", "Tepke", "Staierke", "Petorai" e "Té mìke ruske". (1,2,3,11,13,16,17)

Comunque solo alcuni di questi frutti venivano usati per la sidrificazione. Attualmente queste varietà sono coltivate a livello amatoriale. Le concorrenti moderne presentano delle caratteristiche confacenti alle attuali esigenze agronomiche e produttive: regolarità di messa a frutto, vigoria moderata, aspetto del frutto attraente, pezzatura media o grande, buccia sottile e liscia, colorazione intensa. Nonostante ciò la salvaguarda di dette varietà è particolarmente importante a causa del loro patrimonio genetico o come materiale da riutilizzare in particolari ambienti per valorizzare le produzioni tipiche. In genere nell'ambiente carnico si preferiva il sidro di pera mentre il sidro di mela aveva una diffusione più limitata.

Una buona diffusione aveva il "most dai lops" che era il sidro di "lops", piccole mele rosse e acidule prodotte dal "lopar" (cultivar di melo semiselvatica). Le particolari caratteristiche organolettiche di questi frutti non sono riscontrabili in altre varietà continentali o peninsulari.(1)

 

     (click to enlarge)    

 

 

t e c n o l o g i e     d i    s i d r i f i c a z i o n e     c l a s s i c h e

Nell'ambito sidricolo regionale il sidro di mela ha avuto una diffusione piuttosto ristretta rispetto al sidro di pera. Questo perché il secondo tipo di prodotto ha un'acidità fissa più alta  che lo protegge dagli attacchi batterici e una quantità di zuccheri riduttori maggiore che innalza il tenore alcolico a 6-8 gradi. Per fare una trattazione completa ed esauriente sul panorama sidricolo friulano è essenziale descrivere le tecnologie di produzione dei due tipi di sidro.(12)

Il sidro di mela veniva fatto utilizzando le mele tardive che subivano un breve periodo di riposo per completare la maturazione. Spesso per accelerare questa fase si ponevano sopra i frutti dei teli in lino o canapa che trattenevano il calore. Prima dell'estrazione i frutti venivano selezionati e risciacquati con acqua in mastelli adatti. L'asciugatura era naturale con il calore del sole. La triturazione veniva fatta con un attrezzo particolare formato da una pietra collegata all'estremità basale di un bastone. La pasta , dopo la triturazione, veniva tolta dal truogolo e travasata in capienti tini dove rimaneva per 12-24 ore in relazione alla condizione termica dell'ambiente. Dopo di che si operava la torchiatura con un torchio a vite e il mosto, colando   nel mastello sottostante, veniva filtrato attraverso una tela a maglie strette. Da qui il liquido passava nelle botti pulite e sane lasciate sceme di 10-15 cm ad una temperatura di 15-20°C dove avveniva la fermentazione. Si eseguivano due fasi di travaso: dopo tre mesi dalla fermentazione in recipienti solforati e una volta l'anno  nel periodo successivo. La defecazione era provocata lasciando il mosto in tinozze aperte per 4-5 ore alla temperatura di 4-5°C con la formazione del tipico cappello bruno. E' stato rilevato che la popolazione microrganica fermentante prevalente era rappresentata dal Saccharomyces apiculatus.(1) Come ricorda  Giuseppe Manzini in un trattato sul sidro del 1887 le qualità organolettiche della bevanda erano ben lontane dai prodotti che si possono ottenere attualmente ed in particolar modo ne sottolineò il pungente odore acetico.(8)

Il sidro di pera veniva ottenuto dalla varietà di pere "di San Michele" o "Té mìke ruske".(3)

Essendo dei frutti a maturazione tardiva venivano conservati alcune settimane sotto il fieno nei fienili. La produzione del vino e la coltivazione della vite in Carnia era limitata a causa dell'altitudine e fu per questo che le piante da frutto erano così numerose. La raccolta delle pera avveniva per scuotimento dell'albero. Spesso il raccoglitore si aiutava con dei bastoni lunghi e flessibili (pretele) con cui percuoteva con forza i rami. I frutti più distanti venivano raccolti con un attrezzo (kòpiza) formato da una tavoletta di diametro di circa 20 cm fissato all'estremità di un'asta. Alla circonferenza della tavoletta venivano incastrati dei bastoncelli di legno (‘sòrbe) che servivano per staccare la pera e trattenerla di modo che non cada a terra ammaccandosi. La raccolta avveniva preferibilmente in una giornata asciutta. I frutti venivano trasportati al frantoio per mezzo di gerle (còrba, coscina) o con cesti in vimini (plàtaniz, geòt, gei). La prima fase di trasformazione consisteva nella frantumazione in frantoio. Questo era costituito da un alveo semicircolare in pietra della profondità di 40 cm e raggio di lavoro di 3 m. Il fondo era formato da una massicciata che evitava lo scivolamento dalla frutta fuori dalla portata della grossa macina di 110 cm di diametro simile a quella del mulino. Veniva fatta rotolare a spinta facendo leva su una trave di 2 m e 12 cm di diametro che passava attraverso un foro nella parte centrale della ruota. Un perno snodato e fissato al muro ne permetteva una  veloce ed ergonomica oscillazione. Il frutto frantumato era raccolto con delle palette a bordo alto molto capienti e veniva versato nei secchi in legno della capacità di 10 litri.(12)  Da questi contenitori si rovesciava la pasta nel torchio fissato su una piattaforma monolitica. Il piano di scorrimento del liquido era in leggera pendenza, presentava i bordi rialzati ed un'apertura distale che permetteva al succo di riversarsi in un recipiente cilindrico od ovale in legno (sùi) della capacità di 90 litri.(12)

 

     (click to enlarge)    

 

Nei torchi più grandi due travi in legno garantivano la stabilità della vite durante la rotazione che comprimeva la pasta entro una gabbia di legno. Comunque i gruppi per l'estrazione così grandi erano presenti in pochi paesi e quindi ogni famiglia costruiva artigianalmente la propria attrezzatura. In genere era costituita essenzialmente da un truogolo in legno o in pietra, da una mazza con una pietra all'estremità distale per la frantumazione delle pere ed un torchio a base quadrata con le pareti incastrate fra di loro. Quest'ultimo attrezzo veniva posto su un tavolino rettangolare con bordi rialzati e canale convogliatore. Il coperchio, cioè la superficie pressante, presentava nella parte centrale una sede per l'alloggio della parte mobile della leva su cui l'operatore imprimeva la forza sulla massa da pressare. La compressione manuale veniva effettuata per mezzo di un'asta in legno di 10 cm di diametro e 3 m di lunghezza infilata con un'estremità in un foro predisposto nella parete della stanza. Il sidrificatore agiva sulla parte del bastone che sporgeva dall'altra estremità del torchio imprimendovi un movimento verso il basso. Il liquido di spremitura veniva travasato in botti di legno o in damigiane riempiendole fino all'orlo. Qui avveniva la fermentazione e la defecazione dei composti pectolitici.(12)

Il locale adibito a questa fase di lavorazione doveva essere necessariamente scuro, fresco ed al riparo dalle correnti d'aria.  Nella defecazione, chiamata spurgo, fuoriusciva abbondantemente dal contenitore di fermentazione una massa gelatinosa che  veniva allontanata con regolarità.(2)  Durante la fase fermentativa si provvedeva ad isolare il prodotto dall'aria applicando sul tappo del contenitore un rudimentale gorgogliatore formato da un tubicino in gomma che attraversava il sughero e lo collegava ad una bottiglia piena per 2/3 d'acqua pescandovi dentro.(2) Se la stanza era troppo fredda per consentire un normale avviamento della fase fermentativa si provvedeva a riscaldarla con dei bracieri tenuti accesi per qualche ora. Dopo circa venti giorni il sidro veniva travasato e di lì a poco meno di un mese si provvedeva all'imbottigliamento.(12)

Il sidro veniva consumato al massimo entro un anno a causa della forte tendenza all'acetificazione.(2)

 

     (click to enlarge)    

 

Da qualche anno è stato avviato un progetto di ricerca su questa bevanda da parte della Comunità montana Canal del Ferro - Val Canale in collaborazione con i docenti del laboratorio del'Istituto tecnico agrario di Cividale del Friuli; per dare un'idea più esauriente del prodotto trattato potrebbero essere utili le seguenti analisi chimiche effettuate in diversi periodi ed in differenti annate sul sidro di pera prodotto in Val Resia:

 

Data

 

01 ott 1991

 

05 nov 1991

12 nov 1991

 

19 nov 1991

 

26 nov 1991

 

20 dic 1991

 

28 gen 1992

 

28 feb 1992

 

09 apr 1992

 

Grado alcolico svolto Malligand (ml/100ml)

 

 

 

4.0

 

4.2

 

5

 

 

 

5.2

 

5.3

 

7

 

 

 

 

Zuccheri riduttori residui Fehling (g/100cc)     

 

12.2

 

7.1

 

7.05

 

5.5

 

 

 

5.6

 

5.4

 

2.9

 

 

 

 

Grado alcolico complessivo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8.56

 

8.54

 

8.74

 

 

 

 

Acidità totale

(g/l ac. malico)

 

10.8

 

8.4

 

8.6

 

8.6

 

 

 

8.4

 

7.55

 

7.85

 

8.1

 

 

Acidità volatile

(g/l ac. acetico)

 

 

 

0.59

 

0.58

 

0.71

 

 

 

0.52

 

0.55

 

0.51

 

0.56

 

 

Acidità fissa

(g/l ac. malico)

 

 

 

7.66

 

7.87

 

7.71

 

 

 

7.75

 

6.86

 

 

 

 

 

 

Anidride solforosa totale (mg/l)

 

 

 

 

 

118

 

146

 

139

 

99

 

70

 

68.5

 

 

 

 

Anidride solforosa libera (mg/l)

 

 

 

 

 

12.8

 

14.4

 

17.6

 

14.4

 

18.4

 

10.4

 

 

 

 

 

analisi effettuate sul sidro 1991

 

 

 

Data

 

06 nov 1990

 

19 nov 1990

 

04 dic 1990

 

17 dic 1990

 

20 feb 1991

 

05 mar 1991

 

Sidro di 1 anno

 

Sidro di 2 anni

 

Grado alcolico svolto Malligand (ml/100ml)

 

6.9

 

7.75

 

8.1

 

8.4

 

8.7

 

8.6

 

6.2

 

7.55

 

 

Zuccheri riduttori residui Fehling (g/100cc)

 

2.9

 

1.94

 

1.28

 

0.92

 

0.26

 

 

 

 

 

 

 

 

Acidità totale

(g/lac. malico)

 

6.9

 

7.1

 

6.9

 

7.0

 

6.4

 

6.2

 

3.3

 

3.5

 

 

Acidità fissa

(g/l ac. malico)

 

6.1

 

6.40

 

6.07

 

6.25

 

5.69

 

5.54

 

1.21

 

2.19

 

 

Acidità volatile

(g/l ac. acetico)

 

0.55

 

0.56

 

0.66

 

0.60

 

0.57

 

0.53

 

1.67

 

1.04

 

 

Anidride solforosa totale (mg/l)

 

12.8

 

15.4

 

13.4

 

12.8

 

8.3

 

 

 

16

 

17

 

 

Anidride solforosa libera (mg/l)

 

3.2

 

6.4

 

3.2

 

4.8

 

4.8

 

 

 

4

 

5.6

 

 

 

analisi su sidro torchiato il 06/10/1990

 

In quest'annata si è potuto notare che una aggiunta di metabisolfito di potassio effettuata il 6/12 ha leggermente decolorato il sidro mentre non ha avuto  effetto sulla limpidezza.

 

 

     (click to enlarge)    

 

 

 

CONCLUSIONI

 


 

La prospettiva di introdurre un prodotto come il sidro può rappresentare una novità nel  mercato stagnante delle bevande alcoliche; per attuare questa commercializzazione sarà opportuno effettuare una preventiva indagine di mercato e valutare l'orientamento dei consumatori nei confronti di un tale prodotto. Il sidro, per le sue caratteristiche tipiche, si presenta come una bevanda ben definita e dissimile dalle altre: il sapore e le modalità produttive lo accomunano parzialmente al vino mentre il grado alcolico lo rende affine alla birra. E' da sottolineare che siamo in presenza di un prodotto molto più naturale delle bevande sopraccitate e ciò lo rende interessante ai fini commerciali grazie alla tendenza ecologica moderna.

Comunque prima di una eventuale commercializzazione sarà opportuno restringere gli studi a pochi tipi di prodotto che abbiano caratteristiche determinate; le ricerche saranno estese anche alle aziende pilota in grado di sidrificare correttamente. La notevole eterogeneità di questa bevanda non soddisfa le richieste del consumatore che difficilmente alle variabilità organolettiche dovute alle condizioni microclimatiche e colturali zonali costantemente diverse di anno in anno.

 

     (click to enlarge)    

 

Tuttora il problema del recupero di certe aree montane è particolarmente importante e la produzione del sidro offre un'occasione valida per valorizzare queste realtà. In queste zone è di basilare importanza potenziare la produzione tipica che può costituire una buona fonte di reddito in un'economia agricola non certo rosea. Soprattutto l'attività turistica de agrituristica, che dovrebbero offrire uno spazio di privilegio per tutti i prodotti tipici del luogo, possono dare una spinta decisiva verso la commercializzazione di questa bevanda.

Va senza dubbio seguita una strada verso la standardizzazione del prodotto pur sempre conservando le caratteristiche di tipicità, genuinità e zonalità dei vari tipi di sidro. La ricerca di un sottile equilibrio tra l'organoletticità tipica, le tecnologie di produzione e l'elevata naturalità che contraddistinguono questa bevanda può senz'altro favorire l'avvicinamento di  potenziali consumatori.

Queste caratteristiche, garanti di una qualità notevole del prodotto, potrebbero indurre il futuro fruitore a diventare lui stesso il primo veicolo pubblicitari verso una commercializzazione più ampia.

Rilanciare un prodotto come il sidro può anche rappresentare un piccolo passo per recuperare quel "trait d'union" tra passato e presente che nella nostra regione si sta progressivamente perdendo.

(click to enlarge)  

b i b l i o g r a f i a

  

 (1) - Mazzolini Florindo ( 1987 ), "Il melo in Carnia". Ricerche d'esame della 5 CC corso Cerere ad 

        indirizzo "Piante officinali", volume primo. ITAS "P.d'Aquileia".

(2) - Adduca Giovanni, " La produzione di sidro di pere in Val d'Aupa ". ITAS "P.d'Aquileia".

(3) -  X X , " Tecnologie di produzione del sidro di pere in Val di  Resia". ITAS "P.d'Aquileia".

(4) - De Nicola C. ( 1992 ), " Il sidro di mele ". Tesi di laurea (facoltà di tecnologie alimentari,  

        università di Udine).

(5) - "Relazione sulla situazione sidricola normanna" (1982), Départiment de l'agricolture de  

        Normandie. Malicorne, ( France ).

(6) - Adduca Giovanni ( 1992 ), " Programmi futuri della sidricoltura in Val d'Aupa ". Ufficio di 

       agricoltura della Comunità montana Canal del Ferro - Val Canale (Pontebba UD).

(7) - Sicheri G. ( 1993 ), "Industrie agrarie", Hoepli editore s.p.a..

(8) - Manzini G. ( 1887 ), "Sidro, alcuni cenni sulla preparazione con i metodi francesi". La Pellagra.

(9) - Goldstein M.,Simonetti G., Watschinger M. ( 1983 ), " Guida al riconoscimento degli alberi

        d'Europa". Mondadori Editore.

(10) - Guzzi A. ( 1991 ), " Come fare il sidro.",Giorgio Bernardini Editore, Milano.

(11) - Governatori G. ( 1991 ), " Lis pomis nella tradizione del Canal del Ferro ",  in           

         "Pantianins .........Signora!". Edito dall' Amministrazione comunale di Mereto di Tomba.

         Ideazione e cordinamento a cura del circolo culturale "Il mulin di Marchet"  Tomba di Mereto.

(12) - Longhino A. ( 1988 ), " La produzione del sidro in Val Resia ". Edizioni Circolo culturale  

         Resiano Rosajanska Dolina.

(13) - Zuadijacum P. ( 1991 ), " Storiutis di pomis ", in " Pantianins......Signora! ".

(14) - Muner R. "Spunti storici sulla frutticoltura in Carnia ". Bollettino dell'agricoltura. Udine.

(15) - Valli S., Schiavi S. ( 1991 ), Coltivazioni arboree. Edagricole.

(16) - Zuandijacum P. ( 1992 ), "Storiutis di pomis 2", in "Pantianins.......Signora! 2". Edito 

         dall'Amministrazione comunale di Mereto di Tomba. Ideazione e cordinamento a cura del

         circolo culturale "Il mulin di Marchet" Tomba di Mereto.

(17) - Zuandijacum P., Governatori G. ( 1993 ). "Due vatietà di mele dalla Carnia". In

         "Pantianins.......Signora! 3". Edito dall' Amministrazione comunale di Mereto di Tomba.

         Ideazione e cordinamento a cura del circolo culturale "Il mulin di Marchet" Tomba di Mereto.

(18) - Simonetti G., Watschinger M. ( 1986 ), " Guida al riconoscimento delle erbe dei campi e dei

         prati. Mondadori Editore.

 

Si ringraziano sentitamente i p.a. Adduca Giovanni e lo staff dell' ufficio di agricoltura della Comunità montana Canal del Ferro - Val Canale (Pontebba  UD), il professor Del Fabbro Adriano, il prof. Simonetti Gualtiero, il prof. Tracogna Roberto, il prof. Morelli de Rossi Giovanni, il p.a. Acerbi Pierpaolo dell' Istituto Tecnico Agrario Statale "P. d' Aquileia " di Cividale del Friuli, il p.a. Virgili Stefano, il p.a. Stellin Luca, il t.i.e. Brandolino Raffaele per la gentile collaborazione.

 

Tutto il materiale utilizzato per questa ricerca è servito esclusivamente da base, nessuna citazione è stata presa tal quale dalle suddette fonti. Tutti i dati di tutte le tabelle e di tutti i grafici sono stati elaborati personalmente dall'autore campionando esclusivamente dal materiale in forma discorsiva (e non schematizzato in precedenza già alla fonte), presente nei testi consultati. Le foto sono state scattate per 1/4 dall'autore e i rimanenti 3/4 sono stati forniti dalla Comunità montana Canal del Ferro - Val Canale (Pontebba  UD).Tutte le citazioni riguardo a cooperative o ditte sono utilizzate per scopi puramente didattici e non pubblicitari. Per approfondire l'argomento e conoscere i notevoli aspetti ludici della materia trattata, l'autore consiglia una abbondante quanto varia analisi organolettica.

Eros Cisilino, (diritti d’autore riservati, 1994. e-mail me: eroxxx@tin.it)

 

 

vai alla

PARTE TECNICA
 

 

 

 

vai a

 

 

mio sito